Leggende

Le leggende sull’akita sono tantissime qui ne sono raccolte alcune tra le più significative..

 

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* Scavi compiuti nei tumuli degli Ainu, nella regione di Akita hanno messo alla luce sepolcri di epoca preistorica di cani e uomini assieme. Il termine Ainu significa figli dei cani che ci riporta ad una leggenda molto antica e che ci spiega il motivo del ritrovamento di questi sepolcri in cui furono trovati cani e uomini assieme.                                                                                                                        

 

Si racconta che il popolo degli Ainu (Giapponesi Primitivi) fosse nato dall’unione di un cane e una donna.

 

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* Altra leggenda riguarda l’Imperatore Yuriaku (457 – 479 d.C). Durante una passeggiata l’Imperatore vide una casa fatta a somiglianza perfetta del suo palazzo. Si infuriò e diede subito l’ordine che fosse bruciata.

 

Il proprietario della casa appena seppe del pericolo che correva andò in contro all’Imperatore e gli diede in omaggio un bellissimo cane bianco.

 

L’Imperatore appena lo vide si innamorò a tal punto del cane che cambiò subito idea fermando l’ordine di bruciare la casa.

 

Questo cane era un antenato dei nostri Akita, e da questo momento la razza entrò nella famiglia Imperiale Giapponese divenendo membro della corte Imperiale.

 

Fù vietato ai cittadini comuni il diritto di possedere un Akita con pena la morte ai trasgressori.

 

Inoltre il Giapponese colto quando si rivolgeva ad un Akita imperiale o anche se solo ne parlava, doveva usare un vocabolario speciale creato apposta per questa razza.

 

Ogni Akita aveva il suo servitore che doveva accudirlo, dargli da mangiare e portarlo in giro.

 

L’abito del servitore indicava il rango del proprietario del cane, anche il guinzaglio che veniva usato era indicativo dello stato sociale del cane.

 

L’Akita personale dell’imperatore viaggiava in portantina e aveva un collare d’oro.

 

Penso che il sogno di ogni allevatore di Akita, compreso il mio, sia di riuscire ad avere un esemplare dell’allevamento privato dell’imperatore.

 

Allevamento completamente segreto i cui pedigree sono scritti a mano su carta di riso con lo stemma dell’imperatore in oro.

 

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* Uno dei più antichi miti sull’Akita è una bellissima leggenda popolare che riguarda sempre il popolo degli Ainu.

 

Racconta di un uomo che và a trovare i suoi defunti presso la terra dei morti.

 

Una volta arrivato si trova di fronte ad un villaggio molto simile al suo e per lo più abitato da persone che lui aveva conosciuto in vita.

 

Il popolo dei morti sembra non vedere e nemmeno sentire questo uomo motivo per il quale lui può liberamente girare per il villaggio.

 

All’improvviso però la sua presenza fù rilevata da un gruppo di cani che gli corsero in contro abbaiando, uno in particolare appena arrivato vicino a lui si mise a guaire e lui lo riconobbe: era il suo Akita.

 

Da questo momento il popolo degli Ainu fù convinto che gli Akita possedessero il dono di collegare il mondo dei vivi con quello dei defunti.

 

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* Un'altra leggenda sull’Akita è il cosi detto “racconto del chiacchierone”.

 

Una volta tanto tempo fa tutti i cani sapevano parlare solo che ad un certo punto un Akita scoprendo che il suo proprietario aveva una tresca, raccontò  tutto alla moglie, cosi il cane fù punito e si offese cosi tanto che ne lui me i suoi discendenti parlarono più e si limitarono anche ad abbaiare.

 

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* Sempre secondo antiche storie l’Akita non abbaiava durante la caccia e il suo silenzio era considerata la più bella virtù che un cane potesse avere.

 

La leggenda racconta che un cacciatore e il suo cane si trovarono insieme nella foresta, il cane vide un orso ma non avvisò il padrone della sua presenza.

 

Il cacciatore ignaro di tutto fini sbranato dall’orso.

 

Il cane tornò a casa da solo e raccontò una frottola alla moglie del padrone, le raccontò l’avvenuto ma aggiunse che in punto di morte il marito aveva espresso la volontà che lui sposasse la donna.

 

La povera vedova non credette a questa storia e siccome il cane continuava a parlare la vedova gli buttò in bocca una manciata di polvere riducendolo al silenzio.

 

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* Saltiamo di qualche anno per poi tornare a parlare di altre leggende antiche e parliamo di Hachiko.

 

È la storia di un Akita che come tutti sanno ha atteso il ritorno del suo padrone ogni giorno per sette anni fino alla sua morte nel 1935.

 

Oggi i fidanzatini si danno appuntamento nella piazza dove si trova la statua perché Hachiko è diventato simbolo di eterna fedeltà.

 

Il vero Hachiko era un Akita bianco con un orecchio portato male.

 

Il suo corpo imbasalmato e con il suo orecchio raddrizzato è conservato presso il Museo Nazionale di Natura e Scienza a nord ovest della stazione di Shibuya ma alcune delle sue ossa sono state sepolte presso il cimitero di Aoyama accanto alla tomba del professore Ueno.

 

L’8 aprile di ogni anno in Giappone viene organizzata una cerimonia per ricordare Hachiko alla quale partecipano tutti gli amanti della razza Akita che portano un loro omaggio alla sua lealtà e devozione.

 

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* Ora torniamo al passato, con la leggenda del vecchio che faceva fiorire gli alberi secchi.

 

Tanto tempo fa in Giappone vivevano un vecchio con la moglie, la loro abitazione era costruita su di un piccolo pezzo di terra che il vecchio signore coltivava.

 

Avevano una vita felice e tranquilla con un solo grande dispiacere, non avere figli.

 

Avevano un cane di nome Shiro che amavano come fosse un membro della famiglia. Le ore più felici del giorno per il vecchio e il suo cane erano quelle serali quando il vecchio dopo aver cenato prendeva gli avanzi di riso e verdura e li dava a Shiro.

 

Nella casa vicina viveva un altro vecchio con la moglie, due persone molto cattive che detestavano sia i loro vicini che il loro cane.

 

Un giorno Shiro fù sentito dal padrone abbaiare a lungo dietro la casa, il vecchio corse a vedere cosa succedeva e appena Shiro lo vide gli andò in contro scodinzolando, gli afferrò il kimono e lo trascinò fino ad un grande albero.

 

Qui Shiro iniziò a scavare e ad abbaiare.

 

Al vecchio venne in mente che potesse esserci qualcosa di nascosto sotto l’albero, e che il cane lo avesse fiutato.

 

Tornò a casa prese una vanga e cominciò a scavare anche lui in quel punto.

 

Quale fù la sua meraviglia nel trovare tante vecchie monete d’oro, era cosi intento nel suo lavoro che non si accorse del vicino che lo stava spiando.

 

Shiro guardava il padrone pieno di orgoglio e di amore, il vecchio corse a chiamare la moglie e assieme portarono a casa il tesoro.

 

Il cattivo vicino cominciò a pensare che anche lui aveva il diritto di trovare una simile fortuna, qualche giorno dopo infatti si recò alla casa del vecchio chiedendo il permesso di prendere Shiro per qualche giorno.

 

Il padrone di Shiro pensò che era una richiesta molto strana perché sapeva quanto il suo vicino odiasse il cane ma era troppo buono per rifiutare e gli permise di prendere Shiro.

 

Il vecchio tornato a casa prese una vanga portò Shiro nel suo giardino e lo obbligò a scavare, il cane cominciò a grattare la terra e il vecchio immaginò subito che anche sotto il suo albero fossero sepolte monete d’oro.

 

Ma non c’era nulla da trovare, trovò solo un cumulo di immondizia.

 

Infuriatosi alzo la vanga e colpì Shiro uccidendolo sul colpo, poi seppellì il corpo del cane nella buca che aveva scavato e lo ricoprì di terra.

 

Tornò a casa e non disse a nessuno ciò che era successo.

 

Il padrone di Shiro non vedendo tornare il cane cominciò a preoccuparsi e andò dal vicino.

 

Senza vergogna il vicino gli disse che aveva ucciso Shiro perché si era comportato male. A questa notizia il padrone di Shiro pianse a lungo e malgrado il dolore chiese al vicino dove avesse sepolto Shiro.

 

Il vicino gli mostrò l’albero e il vecchio chiese se poteva averlo in ricordo del suo povero cane, il vicino non potè rifiutare questa richiesta e permise al padrone di Shiro di abbattere l’albero per portarlo a casa.

 

Dal tronco dell’albero ricavò un mortaio nel quale la moglie mise del riso per pestarlo e fare dei dolci per la festa in memoria del povero cane Shiro.

 

A questo punto successe una cosa strana, appena la donna aveva cominciato a pestare il riso per ricavare la farina per i dolci, la quantità di riso aumentava da sola e i dolci saltavano fuori dal mortaio come se una mano invisibile stesse lavorando per lei.

 

Il vecchio e la moglie capirono che si trattava di un dono da parte di Shiro per il loro amore verso di lui.

 

Trovarono i dolci più squisiti di ogni altro cibo e da allora in poi non dovettero più preoccuparsi per mangiare poiché vivevano dei dolci che il mortaio forniva loro di continuo.

 

Il vicino venuto a sapere dell’esistenza di questo mortaio, pieno di invidia andò dal vecchio e gli chiese di prestargli quel mortaio per pochi giorni, gli disse che si era pentito del gesto che procurò la morte di Shiro e che voleva anche lui preparare dei dolci in memoria del cane.

 

Il vecchio voleva rifiutare ma era troppo gentile per farlo, e cosi diede a quell’uomo invidioso il mortaio.

 

Dopo molti giorni non vedendo più il suo vicino andò a trovarlo per farsi restituire il mortaio, e lo trovò seduto vicino ad un grande fuoco fatto con frammenti di legno del mortaio.

 

Il vecchio gli chiese il perché avesse distrutto il mortaio e dato alle fiamme, e il vicino gli rispose che quando aveva provato a preparare i dolci era uscita solo della robaccia puzzolente.

 

Il vecchio lo perdonò e gli chiese solo la cenere del mortaio poiché voleva conservarla in ricordo di Shiro. Il vicino acconsentì e il vecchio portò a casa un cesto pieno di cenere.

 

Qualche giorno dopo il vecchio sparse involontariamente della cenere del mortaio bruciato sugli alberi del proprio giardino e si verificò un fatto straordinario! Era autunno quasi inverno e tutti gli alberi era spogli ma non appena la cenere toccò i rami dei ciliegi, dei salici e di tutti le piante questi rinverdirono e fiorirono tanto che il giardino del vecchio si trasformò in un attimo in un bellissimo giardino primaverile.

 

Il vecchio conservò con la massima cura tutta la cenere avanzata.

 

La storia del giardino fiorito del vecchio si diffuse rapidamente in tutto il Giappone e cominciò ad arrivare gente da ogni parte del paese per assistere a quel bellissimo fenomeno.

 

Un giorno il vecchio sentì bussare alla sua porta e quando andò a vedere chi era si trovò davanti un Samurai.

 

Il Samurai gli disse che faceva parte del seguito di un grande Daimio (nobile) e che uno dei ciliegi preferiti del giardino del suo padrone si era seccato era stato tentato di tutto per riportarlo in vita ma non c’era stato nulla da fare.

 

Il Samurai aveva sentito parlare della storia del giardino fiorito e l’aveva raccontata al suo Daimio.

 

Il suo signore lo aveva immediatamente mandato per chiedere al vecchio se poteva andare da lui.

 

Il buon vecchio fù molto meravigliato ma seguì con rispetto il Samurai fino al palazzo del nobile. Il Daimio appena vide il vecchio gli andò in contro e gli chiese se era lui che faceva fiorire gli alberi secchi anche fuori stagione.

 

Alla risposta affermativa del vecchio il Daimio gli disse che doveva far si che il suo ciliegio morto fiorisse di nuovo.

 

Il vecchio preparò la sua cenere e salì sull’albero si fermò in un punto in cui l’albero si divideva in due grandi rami, si sedette e sparse la cenere a destra e a sinistra su tutti i rami della pianta.

 

Il risultato arrivò subito! L’albero secco si riempì di fiori e il Daimio fù talmente felice che sembrava impazzito.

 

Chiamo il vecchio a sè e gli offrì una coppa piena del suo migliore sakè e lo ricompenso con molto oro e argento.

 

Ordinò anche che da quel momento il vecchio si sarebbe chiamato Hana Saka Jijii ovvero il vecchio che fa fiorire gli alberi secchi.

 

Tornato a casa il suo vicino cattivo sentì i racconti del vecchio alla moglie e di nuovo fù preso da invidia per il suo vicino.

 

Questa volta avrebbe avuto successo imitando il vecchio che faceva fiorire gli alberi secchio spargendo cenere su di essi.

 

Tornò a casa e raccolse tutta la cenere del mortaio magico che era rimasta nel suo focolare e si recò verso il palazzo del Daimio.

 

Camminando gridava: arriva l’uomo prodigioso che sa far fiorire gli alberi secchi!.

 

Il Daimio sentì questo richiamo e pensò che fosse il vecchio che aveva conosciuto.

 

Ma quando si trovò di fronte al vicino invidioso trovò strano che non fosse uguale al vecchio che aveva conosciuto, gli chiese se era Hana Saka Jijii e il vicino mentì dicendo che era lui.

 

Il Daimio pensò che fosse un suo discepolo ma il vecchio invidioso affermò di essere lui il vero Hana Saka Jijii e che l’altro era solo un suo alievo.

 

Il Daimio pensò che doveva essere ancora più abile dell’altro essendo il maestro e lo portò in giardino vicino ad un albero secco.

 

Il vicino gettò della cenere sull’albero ma non successe nulla, provò e riprovò diverse volte inutilmente  e quando il vento soffiò la cenere negli occhi del Daimio, si arrabbiò moltissimo e ordinò alle guardie di arrestarlo e gettarlo in prigione come impostore, il vecchio cattivo non uscì mai più di prigione e fù la giusta punizione per tutto il male che aveva fatto.

 

Il buon vecchio invece con le monete d’oro che Shiro aveva trovato per lui, e con tutto l’oro e l’argento che il Daimio gli aveva regalato diiventò ricco e visse una vita lunga e felice rispettato da tutti.

 

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* La leggenda della foresta ululante.

 

Questa leggenda risale al tempo dello Shogun Tokugawa (1603 – 1868). C’era nella regione montuosa di Akita un villaggio di cacciatori.

 

In questo villaggio viveva un cacciatore di nome Sadaroku e il suo akita bianco di nome Shiro.

 

Sadaroku era il miglior cacciatore della zona e per questo motivo il signore di Nambu invitandolo un giorno nel suo palazzo gli consegnò un rotolo di pergamena che gli dava il permesso di cacciare in tutte le montagne della regione.

 

Un giorno che Shiro e Sadaroku andarono a caccia, il cane si mise ad abbaiare all’improvviso poiché aveva visto un grosso cinghiale, Sadaroku gli sparò e il cinghiale  benché ferito riuscì a fuggire.

 

Shiro lo inseguì e il suo padrone gli andò dietro. La caccia durò tutta la notte e i due si accorsero di essere giunti in una foresta sconosciuta.

 

Guardando tra gli alberi Sadaroku vide il cinghiale, gli sparò e questa volta lo uccise.

 

Fù improvvisamente circondato da un gruppo di Samurai, lo arrestarono poiché aveva osato sparare nei pressi del castello di Sannobe.

 

Sadaroku cercò subito il lascia passare ma lo aveva dimenticato a casa cosi fù portato al castello condannato a morte e messo in prigione.

 

Durante la notte Shiro riuscì a trovare la grata della prigione dove si trovava il suo padrone e si mise a guaire.

 

Il suo padrone lo udì e gli chiese di andare a prendere il rotolo anche se sapeva che il cane non avrebbe capito. Invece Shiro capì partì di corsa e giunse finalmente a casa.

 

Appena vide la moglie del suo padrone abbaiò cercando di farsi capire dalla donna ma lei non capì.

 

Disperato ritornò dal suo padrone che quando lo vide tornare senza il rotolo fù preso dalla disperazione.

 

Si ricordò di averlo lasciato sopra il sacrario degli antenati e lo disse a Shiro, Shiro ripartì di corsa. Giunto a casa si mise ad abbaiare avanti al sacrario e la moglie vedendo il rotolo capì che il marito era in pericolo.

 

Dette il rotolo a Shiro che riprese la sua corsa verso il castello, all’alba Sadaroku fù portato sul luogo del esecuzione e chiese di poter rivedere per l’ultima volta il suo cane ma gli fù negato. Fù cosi che mentre urlava il nome di Shiro gli fù tagliata la testa. Quando il cane arrivò poco dopo con in bocca il rotolo trovò il suo padrone senza vita cominciò a nevicare e Shiro trascinò il corpo del padrone nella foresta vicino al castello, scavò un enorme buca e lo seppellì.

 

Poi cominciò ad ululare verso il castello e ogni giorno e ogni notte ululava tutto il suo dolore.

 

Il suo ululato giungeva fin dentro il castello e gelava il sangue a quelli che vi abitavano. Shiro non lasciò più quella foresta che da allora è chiamata la foresta ululante.

 

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* Altra leggenda in Giappone quando andavano a lavorare nei campi affidavano i loro figli ad una femmina di Akita che li avrebbe protetti e sorvegliati fino al loro ritorno.

 

Ancora oggi in Giappone quando nasce un bambino è consuetudine regalare una statuetta di Akita possibilmente bianco in segno di buon auspicio, per rievocare la protezione dell’Akita sul bambino appena nato. Questa usanza oggi si è estesa anche come augurio di lunga vita pronta guarigione e buona fortuna.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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